Sulle competenze relazionali

E’ ora di riflettere sul perché il problema delle dinamiche relazionali sia diventato centrale nella formazione dei docenti.

Intanto, perché é una delle necessità emerse all’interno degli sconvolgimenti profondi che vive la società odierna. Non possiamo qui fare una analisi sociologica, ma vorrà dire qualcosa il disagio mentale cresciuto a dismisura interessando, nelle sue varie forme (dai disturbi del sonno, agli attacchi di panico, ai disturbi alimentari, all’abuso di sostanze, alle psicosi) una famiglia su due […]. Può far sorridere, seppure amaramente, la notizia che molte regioni hanno indetto dei veri e propri “master” per i genitori, affinché apprendano a …fare i genitori ; se proprio non ci si riesce si potrà chiedere aiuto al Consulente nelle Interazioni familiari, preparato da un corso di laurea organizzato dall’Università di Torino, facoltà delle Scienze della Formazione. Compito per tutti: l’attenzione da prestare ai figli, i loro bisogni da riconoscere, le relazioni da recuperare.

In secondo luogo, perché l’importanza data alla problematica relazionale rappresenta l’aspetto innovativo più clamoroso della ricerca scientifica: la neurobiologia ha spostato l’accento sulla rilevanza delle relazioni umane, tanto da poter parlare di mente relazionale.[…] Un felice rapporto didattico, per esempio, può fare triplicare il numero delle connessioni sinaptiche (oltre a favorire l’apprendimento), e relazioni positive (il sorriso e le carezze preverbali, ma anche le “parole“ dell’adulto pronto ad ascoltare) aiutano a riparare i danni che eventi stressanti nei primi periodi di vita hanno creato.

Infine perché i giovani, i cui bisogni evolutivi sono quelli di sempre, incontrano maggiore difficoltà alla costruzione dell’identità proprio per le non soddisfacenti esperienze relazionali primarie che li chiudono in un “analfabetismo emotivo” […] Secondo i dati distribuiti ad aprile dall’Oms, il 20% dei giovani soffre di disturbi mentali mentre si abbassa l’età di insorgenza del disturbo tanto che il 3% dei bambini soffre di fenomeni depressivi (Convegno sulla salute mentale in età evolutiva, Roma, 7/4/2001). […]

Da sempre l’insegnamento è un lavoro ad alto tasso di relazionalità, […] finora è stato lasciato da gestire alla buona volontà (o al buon carattere) del singolo, ma è sempre più forte l’urgenza di recuperare questa dimensione relazionale-affettiva nell’ottica di una professionalità diversa che sappia ricercare strumenti idonei […] nella consapevolezza che la relazione non è problema solo di comunicazione: o, per meglio dire, il problema è a monte di quello della comunicazione, ed è un problema di attenzione, prima, di ascolto, poi.

Anche questa precisazione non basta. Perchè non basta ascoltare: c’è bisogno di quello che, da Rogers in poi, si chiama ascolto attivo […]: un ‘ascolto’ che sappia utilizzare gli elementi comunicativi presenti anche nel linguaggio non verbale o para-verbale. “Ascoltare il segno”, come dal titolo di un mio libro, dunque, può essere di grande aiuto per favorire l’incontro, la “relazione”. Il grafologo in effetti, potrebbe (seppure lavorando in un team di professionisti diversi – psicologo, pedagogista, conselor – coordinati da un docente-tutor) offrire a chi cresce un’occasione per sentirsi ascoltato da un orecchio partecipe al suo disagio e accolto nella mente dell’adulto senza essere giudicato né valutato per quello che dice; e per quello che non dice. […]

Anna Rita Guaitoli – Dall’articolo su “L’Eco della scuola nuova”, n. 6, 2002