Per una grafologia che pensa

Potrebbe essere frustrante per chi da tanti anni si occupa di grafologia (insegnando, facendo ricerche, operando in diversi campi), dover constatare l’atteggiamento di sufficienza che ancora oggi si ha verso questa scienza umana.

Il peggior nemico dei grafologi sono… i grafologi, è stato detto. Troppe interpretazioni selvagge, troppe superficialità di analisi, hanno scoraggiato tanti a credere nelle potenzialità che la grafologia pure possiede.

Diciamo, allora, subito cosa NON è la grafologia:

–       NON è gioco da salotto,

–       NON è onnisciente,

–       NON è grafomanzia.

Ancora, dal punto di vista operativo:

–       NON è un semplice test,

–       NON è pura tecnica,

–       NON basta un segno per indicare aspetti della personalità.

Esplicito qualcuno dei limiti, per me invalicabili:

–       NON rivela sesso, né età,

–       NON dice se c’è intelligenza,

–       NON attesta se c’è moralità,

–       NON può dimostrare la qualità della sessualità,

–       NON può predire il partner giusto.

Ma allora, a cosa serve?

Cominciamo dal cosa è la SCRITTURA:

–       è un atto sociale che attiva la comunicazione,

–       è un prodotto realizzato da una mano guidata da mente e cervello,

–       è risultato di temperamento e ambiente,

–       ha inizio da un movimento che determina il gesto,

–       ha, quale “materia” prima propria dell’individuo, il tratto.

 

Su questa realtà la grafologia, in quanto scienza umana che si costruisce sulla base di  una osservazione rigorosa, opera una analisi del tracciato che si organizza nello spazio del foglio.

Il metodo dell’analisi, trasmissibile e verificabile, può avere varianti a seconda delle scuole (francese, tedesca, italiana-morettiana): ognuna ha acceso nel tempo i riflettori su alcuni aspetti del grafismo; nel complesso, i loro contributi aiutano a trovare la giusta interpretazione di quel gesto che, con ritmo e soluzioni individuali, va a trovare forma nello spazio.

 

E ritorna, ora, la domanda: a cosa serve?

Una volta che il modello insegnato si è personalizzato, l’analisi del tracciato (dal gesto fragile o elastico, dalla forma chiara o confusa, organizzato o sciatto) aiuta a capire quali sono le forze in gioco nella costruzione – lunga e complessa – dell’individuo: voglia di esserci, paura, desiderio, preoccupazione, curiosità, difesa…. E si potrebbe continuare per tutta la gamma di sentimenti ed emozioni proprie dell’uomo.

Più specificamente (in opposizione dialettica a “ciò che non può”, sopra evidenziato):

–       rileva la prevalenza di quegli atteggiamenti di fondo al di fuori dell’identità di genere, quelli che Jung ha chiamato animus  e anima;

–       evidenzia le qualità dell’intelligenza, aiutando a definire gli stili cognitivi;

–       indica probabili comportamenti di eccessiva difesa e/o eccessiva disponibilità che possono esprimere rigidità di adesione alle norme, o facile influenzabilità;

–       dall’insieme dinamico degli elementi si possono evincere molti aspetti della affettività, compresa l’apertura o chiusura all’altro e alle gioie della vita;

–       nelle interrelazione di due tracciati si possono disegnare le dinamiche compensative o inibenti (tra tolleranza o aggressività) che aiutano-ostacolano quella relazione.

Lo specifico campo detto “Grafologia dell’età evolutiva” segue, passo dopo passo, la costruzione della personalità.

 

Così, una opportuna (e rispettosa) analisi del segno grafico:

–       aiuta chi cresce a dare nome alle proprie emozioni,

–       aiuta gli adulti a capire come loro stanno costruendo l’autostima, le relazioni con gli altri (coetanei e adulti),

–       permette di evidenziare il collegamento tra problematiche affettive e quelle cognitive,

–       si fa strumento di prevenzione evidenziando segnali di allarme per ansia, aggressività, cessione…,

–       aiuta le relazioni familiari, collaborando a mediare le esigenze di ognuno.

 

C’è però ancora da sottolineare che:

la grafologia è davvero uno strumento prezioso per avvicinarsi al mondo di chi cresce, e magari cresce con difficoltà, a patto che sia considerata:

–       scienza che avvicina alla conoscenza,

–       scienza che obbliga ad indagare in profondità,

–       scienza ogni volta da verificare (con ricerche specifiche e nell’attenzione al sociale).

 

Anna Rita Guaitoli

 

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