Non passa giorno che psicoanalisti, pedagogisti, psicologhi, avvertano sulla difficoltà relazionale dei nostri adolescenti. Una difficoltà acuita dalla frammentazione delle famiglie, dagli impegni dei genitori (chi per precarietà del lavoro stesso, chi per impegni di palestra e di like), dalla vessazione delle performance cui sono incitati dai social network.
Le relazioni, allora, vengono sostituite con una immersione negli schermi che sembrano offrire un rimedio per colmare il vuoto avvertito dentro. Ma quanto è fragile questo “rimedio”: e uno su tre dice di aver paura del futuro; sei su dieci si sentono insicuri; 3 giovani su 4 avvertono l’esigenza di un supporto psicologico
Già: perché gli adolescenti non sono solo quelli “sdraiati”, quelli indifferenti, quelli senza regole. Gli adolescenti sono tanto altro: curiosità, energia, speranza, paura, fragilità; un corpo con una testa che pensa e un cuore che batte.
Allora, piuttosto che parlare di loro, facciamo parlare loro. Se incontrano un adulto che si avvicina senza giudicare e solo offrendo uno spazio in cui trovare parole: altroché se non parlano. Soprattutto qualora l’approccio sia stimolato dal riportare quello che hanno già raccontato … nella loro scrittura.
Qui la piccola grafia di una ragazza di 18 anni dal movimento incerto ma con discrete personalizzazioni parla della personale curiosità che la sprona alla ricerca: “alla piena consapevolezza di me”. La troverà? La sua sensibilità va supportata.
C’è, invece, nella scrittura del ragazzo diciottenne, ben altra confessione.
Anna Rita Guaitoli






