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Individuazione degli stili cognitivi attraverso il segno grafico

Mettere finalmente al centro il soggetto che vive le esperienze della crescita è l’obiettivo che un vero orientamento, formativo e quindi sincretico-longitudinale, deve avere. […]

Una volta messo a disposizione dell’alunno quello che l’analisi grafologica ha potuto rilevare sulle sue risorse, sarà lui che deve saperle valutare, e su questa base avviare delle strategie che possono nel tempo anche modificare gli attuali processi cognitivi.

Ma è da qui che si può, con sicurezza, partire: dall’oggetto di analisi ben definito che chiamiamo “grafia”. […] La grafologia ha sicuramente dei limiti, ma sa indagare gli aspetti affettivi che determinano, o condizionano, il processo cognitivo. E si sa quanto, nella visione sistemica, la funzione affettiva interagisca con quella intellettiva da cui si può distinguere solo astrattamente. […]

Senza cercare la “intelligenza” (nessuna analisi grafologica, ma neanche alcun test può dirlo: a parte il famigerato Q.I. che tanto male ha fatto), si può, certo, evidenziare la “qualità” dell’intelligenza stessa: perché anche se il diffondersi dei cosiddetti “test intellettivi” ha contribuito a far ritenere che essa sia di una qualità unica, diverse sono le qualità rintracciabili (astratta, concreta, sociale, per esempio); diverse le capacità particolari (le “intelligenze” di Goleman)… […]

E se poi, allargando l’analisi al ‘sistema’ (campo) cognitivo si riesce a cogliere le caratteristiche dello “stile cognitivo”, allora si sarà fatto un lavoro che può essere un dono per il soggetto-alunno. Dire che si potrà individuare, grafologicamente, se ci troviamo davanti ad uno stile cognitivo riflessivo o impulsivo; se, questo e quello, sarà di qualità convergente o divergente: non significherà usare parole-vuote, ma senza alcun giudizio moralistico, e senza graduatorie premianti, si potrà aiutare a capire la modalità prevalente con cui lui, il “nostro” alunno, affronta la vita (come si recepiscono gli stimoli, quale selezione si farà degli stessi, quale risposta si darà all’ambiente); e lui potrà rendersi conto di come sta affrontando l’apprendimento (nell’attenzione, nella memoria, nel pensiero). […]

E’ stato affermato con autorevolezza che compito della scuola sia “non agire sui ragazzi, quanto agire con loro”: per metterli in grado di far da soli.

Individuare, e riflettere, sul possibile rapporto tra potenzialità e scelte, è il giusto avvio per un efficace auto-orientamento e per allontanare dispersione e disagi.

Anna Rita Guaitoli – Dalla relazione nel convegno “Orientamento-Continuità-Dispersione” (Roma, 21 gennaio 2003)