Carta e matita

La produzione carta-matita è, più volte l’ho affermato, un dono. Che bisogna raccogliere. Con consapevolezza.

Intanto, ricordiamo che il linguaggio figurativo appartiene alla storia dell’uomo: si è concretizzato, infatti, da almeno 40-35 mila anni fa presso le comunità di popoli cacciatori raccoglitori all’interno di gruppi europei di Homo sapiens.

E’, dunque, un linguaggio: quindi ci sono dei codici che permettono di entrare in questo sistema linguistico non verbale caratterizzato da variabilità di tecnica produttiva (pittura, incisione, matita, colori, ecc…). Il disegno è, comunque, sistema articolato collegabile a quello dell’arte umana: per la sua complessità può, e secondo me deve, essere indagato con un approccio multidisciplinare che non escluda conoscenze di letteratura, di simbologia, di antropologia.

A noi grafologi, di pertinenza, evitando le scappatoie facili di chi trova risposta negli “schemini”, spetterà di indagare l’aspetto propriamente linguistico del segno.

Sarà bene ricordare, ancora, che il disegno è collegato allo sviluppo delle abilità percettivo-motorie: ci saranno perciò da rispettare delle tappe che non possono essere del tutto saltate. La conoscenza di queste fasi può essere utile se viene separata da criteri assolutistici, quale quello di attribuire a seconda degli elementi presenti il grado di intelligenza. […]

Al di là di una storicizzazione di queste teorie, che pure sarebbe necessaria, si dovrebbe comunque fare attenzione a non rimanere schiavi delle tappe (o “stadi”, se pensiamo a Piaget). Intanto perché in ambienti sociali favorevoli sarà più facile trovare delle anticipazioni dello sviluppo delle fasi teorizzate. Poi, è anche vero che si possono vedere regressioni […]

Per accogliere quei pezzi di realtà che sono comunicati nel disegno occorre impostare un protocollo serio sul processo dell’analisi e sui livelli interpretativi.

Quale premessa: nella speranza di evitare altre confusioni (e discussioni con i ‘cugini’ psicologi), non parleremo, per quanto ci riguarda, di test proiettivi e/o di test di personalità.

Parleremo invece di prove grafiche riferendoci specificatamente a quelle che utilizzano carta e matita e che si basano sul simbolismo del grafismo, da considerare secondo le indicazioni date in precedenza.

In generale, sono prove che cercheremo di intendere come tecniche di indagine complementari all’analisi della scrittura. Senza però dimenticare che anche quando la scrittura non è ancora comparsa i disegni possono essere mezzo di narrazione di proprie difficoltà, di emozioni, di desideri: un grande aiuto anche per il grafologo specializzato in età evolutiva.

Del resto, è a partire dagli anni ’40 che il disegno è stato utilizzato come possibile rivelatore della dimensione emotiva, soprattutto infantile. Prendendo spunto dalle teorie di S. Freud, […]sono stati ideati numerosi “test proiettivi”: molti hanno per oggetto la rappresentazione di sé in relazione ad altri personaggi (quali il disegno della famiglia di Corman, il disegno della famiglia cinetica K-F-D di Burns e Kaufmann); altri test prendono in esame oggetti che possono essere interpretati come proiezione del sé (quali il test dell’albero di Koch, o il test della casa di Minkowska).

Per quanto ci riguarda, nella speranza di evitare le risposte da ricettario (la strega = mamma cattiva; senza ombrello = senza difese….), si comincerà ad analizzare gli aspetti che “vediamo”: chiedendoci, per esempio, COME ha disegnato la strega; COME è il tratto che costruisce la scena della pioggia…

Sono convinta poi, che altre risposte saranno possibili grazie al paziente lavoro di analisi e sintesi e correlazione sui diversi indici. E sono convinta che questa “fatica” ci permetterà più facilmente di incontrare chi porta avanti la “fatica” di crescere[1].

Voglio però ancora ribadire quanto possa essere estremamente pericoloso (per il soggetto dell’analisi, come per la grafologia) l’uso delle sintesi di sintesi di manualetti che andrà a somigliare – lo faccio dire al grande studioso di disegni (e psichiatra e psicoanalista) Widlocher – “a un linguaggio cabalistico”. Lo stesso studioso aggiunge: “Il disegno, così come il sogno, non può essere interpretato fuori del suo contesto”.

Sintesi delle dispense organizzate per i corsi di grafoterapia e per i seminari di approfondimento sul disegno infantile tenuti all’Arigraf.


[1] Anna Rita Guaitoli, Per incontrare Alice, Il Giardino di Adone, n.2, 2003