Si, è il Re. Le memorie private di un sovrano

SI è IL RE

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Pagine riempite intensamente da un tracciato denso si susseguono con una uniformità nelle contraddizioni che toglie, già ad una prima impressione generale, qualsiasi dubbio rispetto all’autenticità di questo Diario di Vittorio Emanuele III.

Non è, per la verità un vero e proprio diario: nel frontespizio di questo quadernetto sobrio, grigio, la intitolazione indica la volontà di segnare le tappe dei suoi continui viaggi, pubblici e privati.

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Si evidenziano, dunque, nello scorrere delle pagine, e a partire dal frontespizio, alcune importanti caratteristiche grafiche che tornano costantemente garantendo quella omogeneità di stile che è indice di spontaneità legata a specifica, coerente, personalità: impaginazione densa; contraddizioni di forma, di larghezze, di inclinazione. Risaltano in particolare le differenze di inchiostratura (in genere l’inchiostro usato è blu scuro; spesso in nero le aggiunte) tanto più notevoli dal momento che non rispondono a variazioni di pressione che rimane generalmente di medio appoggio.

1) Il re parla

Le notazioni sono brevi, sintetiche.

Assenti gli aggettivi che possono arricchire le osservazioni.

Uno stile di scrittura quasi gelido che contrassegna momenti di storia che pure portano il peso di scelte drammatiche, di sangue vero.

Eppure, al di là della laconicità della scrittura sociale, il tracciato grafico parla; e dice tanto di più.

Cominciamo dall’inizio.

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”Decido”, scrive in quel 5 giugno 1896. Lo scrive in inglese e lo sottolinea.

La cronaca ci dice che già ad aprile del 1895, a Venezia, Vittorio ha visto Elena, la figlia del futuro re del Montenegro, al teatro La Fenice di Venezia in occasione dell’Esposizione Internazionale d’Arte. E’ difficile che non abbia notato la fanciulla alta e mora, guidata lì, con molta probabilità, dalla volontà della madre Margherita (su consiglio di Francesco Crispi, secondo la maggior parte degli storici). I due si rivedono circa un anno dopo, nel maggio del 1896, a Mosca per l’incoronazione dello zar Nicola II. In questa annotazione sul primo incontro con Elena, ancora sottolineata (e ancora in inglese, così come la successiva informazione sulla loro foto), si evidenzia l’importanza dell’avvenimento e la carica emozionale ad essa connessa.

[…]

4) La madre

Margherita è stata regina di leggenda. Amata, cantata da poeti, celebrata e ammirata.

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 La storia ci dice che sicuramente fu donna forte, con notevole chiarezza nel progetto di vita. Già la sua educazione fu “vissuta in vista del ruolo che le ambizioni la spingevano a ricoprire”[1]. Avrà poi lei sempre alta la coscienza del ruolo ricoperto e il suo progetto di vita si rafforzerà intorno ad una “Monarchia intesa come costruzione della Nazione” (proprio nel nome della Monarchia e della Regalità accetterà i tradimenti plateali di Umberto prima, la posizione di Regina Madre poi).

[…]

6) Elena

E ugualmente, a ‘fare’, ci sarà Elena.

Per tutta la vita Elena di Montenegro, divenuta Regina d’Italia, s’interessò dell’aspetto sociale. Naturalmente portata verso gli altri[2], fece della medicina un interesse primario rispettato con costante dedizione: promuovendo iniziative in favore della ricerca contro il cancro, il morbo di Parkinson, contro la poliomielite; sovvenzionando centri specialisti. Mettendosi al servizio di chi soffre (celebrata ampiamente, è stata la sua presenza concreta per allievare le sofferenze alle vittime delle grandi tragedie: dello spaventoso terremoto del 1908, o delle guerre[3]). La laurea ad honorem che l’Università di Roma le concederà nel 1941 sarà in effetti un riconoscimento alle sue capacità: e mi piace ricordare che nei registri di corte sono elencati 52 bambini venuti alla luce con l’intervento diretto della Regina.

Ma non è, Elena, solo una “assistente”, né una aristocratica che impegna un po’ del suo tempo a curare i malati. E’ una donna che sa individuare le strade che portano al futuro: fosse la formazione e l’aggiornamento professionale di medici e operatori sanitari; fosse l’attenzione per una educazione a contatto con la natura, e ricca di gioia (compresi gli scherzi, o i travestimenti, fatti in prima persona); fossero le battaglie delle donne, e per le donne (autonomia economica, prevenzione, assistenza ai figli[4]); fosse l’attenzione alla medicina naturale.

Decisamente conosciuta è la sua generosità[5], che fu continua, e non appariscente. […]


[1] Nella prefazione di Filippo Mazzonis a “La regina Margherita” di Carlo Casalegno, Il Mulino, 2001.

[2] Il padre la chiamava “la patetica”, per l’aiuto che, a 4 anni, dava a curare i feriti durante la guerra turca: in I. Pascucci, Elena di Savoia nell’arte e per l’arte, Daniela Piazza Editore, 2009

[3] Durante la Grande guerra, con l’aiuto della Regina Madre, trasformò in ospedali sia il Quirinale che Villa Margherita.

[4] Sostiene la intuizione di Antonio Fogazzaro di abolire i grandi orfanotrofi e creare piccoli Asili-Famiglia, per offrire cure quasi “materne”.

[5] Onorata anche da Pio XI nel 1937 con il conferimento della “Rosa d’oro della Cristianità”.